domenica 3 gennaio 2016

"L'isola felice" di Marta

Marta Lazzarin
Marta non c'è più. O, meglio, il suo corpo non è più tra noi, ma il suo ricordo è vivo e vegeto. Anche in chi l'ha conosciuta di recente come me.

Quella sera di un anno e mezzo fa circa, dopo lo spettacolo alle Bolle Nardini a Bassano, saremo state oltre un'ora, fuori, a chiacchierare, nonostante il maltempo. Non ci eravamo mai viste prima, e nemmeno scritte, ma in poco tempo ci siamo trovate a raccontarci tutta la nostra vita. E quante cose in comune! La lunga relazione di coppia, ancora in corso, i sacrifici per trovare lavoro e costruirsi un nido, l'attività professionale nella comunicazione, l'esperienza a Londra (sebbene la mia in solitaria, vent'anni fa, e per soli sei mesi); e naturalmente la passione per i viaggi, che, di fatto, ci fece incontrare.

Al ritorno dal mio viaggio nel sud della Tunisia, infatti, contattai il noto sito di Marta e Chris (http://blogdiviaggi.com) per far pubblicare un mio pezzo sui villaggi berberi visitati. A loro piacque molto e me ne chiesero un altro, che scrissi volentieri, attingendo dai miei appunti di viaggio sull'esperienza nel Sahara, peraltro pubblicati anche in questo mio blog.
Da allora ci si scrisse ancora qualche altra volta, con Marta, in particolare, che proprio ai primi di luglio scorso, mi chiese come andava col piccolo, nato appena un mese prima. Aggiunse, anzi, queste parole, che allora non capii affatto: "Da domani sarò in un nuovo viaggio, in un''isola felice'". A conti fatti, oggi, è probabile che avesse appena scoperto di essere incinta...

Da tre giorni, da quando ho appreso la notizia della morte sua e del piccolo che portava in grembo da sette mesi, non penso quasi ad altro. Ho letto oggi il proposito a scopo benefico annunciato dal suo compagno nel blog. Una lodevolissima iniziativa, certo, ma anche un modo per sopravvivere al dolore, che altrimenti ti stritola. Con una forza che, vista da fuori, può nascere per assurdo solo nella disperazione più profonda, Chris scrive "cercherò con tutte le mie forze di regalare sorrisi a chi più ne ha bisogno, proprio come facevi tu; vedrai, sarai orgogliosa di me".
Chris, lo sarà senz'altro!
E in questo mio blog, per quanto sia piccola cosa in confronto al vostro, appoggerò il tuo progetto, in attesa di condividere con te, "Marta per mano e Leonardo sulle spalle", una tappa del tuo cammino lungo l'Italia, assieme a mio marito e al mio piccolo Ettore Aiace.


venerdì 6 novembre 2015

La poppata notturna che non ti aspetti più

Mio figlio ha compiuto 5 mesi ieri, eppure ho tuttora problemi di eccessiva produzione di latte. Come stanotte, quando il solito seno destro (non a caso ribattezzato Enola Gay fin dall'inizio da me e mio marito) era ormai così gonfio e turgido da impedirmi di girarmi nel letto senza provar dolore. Insonne da almeno un'ora, ho quindi preferito alzarmi per provare a risolvere con qualche impacco d’acqua calda. 
Davanti allo specchio, il seno in questione non solo era visibilmente più grosso, ma - come altre volte - presentava addirittura dei grumi sotto pelle, quasi fosse stato riempito di cubetti di ghiaccio.
Erano le 4.30 e dopo la quinta spugnatura calda e alcuni timidi tentativi di spremitura manuale (un’operazione che ho sempre detestato fare) dal capezzolo non usciva ancora niente. E intanto cominciavo a sentirmi infreddolita e debole da svenire. In un attimo ho così deciso di farmi una doccia calda, non prima però di aver mangiato cioccolata e bevuto un bicchiere di latte (appena in tempo: in cucina, per poco non mi accasciavo a terra).
Tuttavia, terminata la doccia, invece che un fiotto, come accaduto altre, più fortunate volte, dal seno sono uscite solo un paio di gocce, nonostante qualche pressione a mano aperta.
Lo sconforto stava per avere il sopravvento, quando mi è parso di sentire sveglio mio figlio. Troppo bello per esser vero, ho pensato. Se così fosse, potrei attaccarlo al seno, ma sarà stata la stanchezza a ingannarmi. In effetti è ormai da tre mesi che tira da sera a mattina senza mangiare. Mi sono comunque infilata la camicia da notte (quanto fastidio sul capezzolo!) e, coi capelli ancora bagnati, mi sono affacciata in cameretta per verificare: lo trovo sveglio e piagnucolante. Bingo! 
Me lo prendo in braccio, facendo attenzione a non sfiorare la bomba che mi ritrovo sul torace, e lo porto sul fasciatoio per cambiargli il pannolino. E' ancora intontito, ma piagnucola sempre di più: sembra aver proprio fame!
Me lo porto quindi in camera, m’infilo a letto, lo attacco al seno e… comincio a piangere. Non è dolore - quello è un brutto ricordo legato all’allattamento dei primi due mesi -, è immenso sollievo misto a gratitudine e amore.
Intanto si sveglia il papà: “Come mai piangeva?”. “Perché avevo bisogno di lui”.                 
Dicono siano le mamme, la notte, a svegliarsi a ogni minimo sussulto dei propri piccoli. Sarà che son dura d'orecchie o che son poco romantica, ma con me questo automatismo stenta a funzionare. Invece stanotte ho capito che è vero (anche) il contrario.

giovedì 13 agosto 2015

Marsupio ergonomico porta-bebè: una droga da assumere a miti temperature

In questi giorni sono alle prese con la decisione di prendere o meno uno di quei marsupi ergonomici di cui impazzano le recensioni on line. Già ne ho uno a disposizione, gentilmente prestatomi da una coppia di amici, ma pur essendo made in Italy, lascia le gambine dei piccoli a penzoloni. E questo "non va assolutamente bene", a sentire gli integerrimi “filosofi" del “portare”. Eh sì, perchè a proposito di marsupi e fasce porta-bebè pare ci siano delle vere e proprie scuole di pensiero, che uniscono genitori di tutte le razze in giro per il mondo.

Ad ogni modo, un’amica mi ha prestato il suo Manduca (design tedesco, fabbricazione cinese) e l’ho provato stamane per la prima volta. Tutti ne parlano gran bene, e a ragione. Perché per essere ergonomico, lo è a meraviglia (il bebè sta col culetto basso, la schiena a C e le gambette divaricate a M sulla pancia del portatore). Così come saranno senz’altro ergonomici l’Ergobaby (il diretto competitor del Manduca) e tutte le fasce del mondo. Basti pensare che il mio piccolo si è addormentato nel marsupio prima ancora di uscire dalla porta. Ma pochi specificano che, almeno d’estate, si suda. Eccome! Per carità, quella odierna è una delle giornate più calde di tutta la stagione, ma dopo neanche 10 minuti di discesa (discesa!) io e il mio piccolo avevamo le pance inzuppate. E sfido chiunque a sostenere che questo sia ergonomico. E non è colpa del Manduca in sé, perchè è evidente che due corpi, uno contro l’altro, se fa caldo, si fanno ancora più caldo, che siano stretti in un (qualsiasi) marsupio o in una qualsiasi fascia.

Insomma, lo compro o non lo compro (nuovo a circa 100 euro su Amazon)? Lì per lì ho pensato di no, nemmeno usato, se non a un prezzo inferiore a 60 euro. Perché il mio piccolo, tanto piccolo ormai non lo è già più (6,750 chili ad appena due mesi!) e, nonostante sui libretti di istruzioni scrivano che questi marsupi possono portare bimbi fino a 18 chili, sfido chiunque a farlo. Già stamane i quasi 7 chili di mio figlio si sentivano, per quanto siano ben distribuiti. Ma l’anno prossimo, quando inizierà a camminare e poi a sfrecciare sulla bici senza pedali, voglio vedere se mi verrà in mente di caricarmelo addosso; e se lui comunque si farebbe caricare addosso.

Tuttavia camminare con tuo figlio rannicchiato addosso, a portata di bacio, senza fare fatica, è una sensazione impagabile. Una droga, direi piuttosto, di cui ho deciso di abusare almeno nelle mezze stagioni, quando è anche piacevole scaldarsi a vicenda, pancia a pancia. Perché anche d’inverno, in effetti, la vedo dura col marsupio, tra cappotti e giubbotti che non stai certo a toglierti di continuo entrando e uscendo dai vari ambienti. E poi c’è la montagna: fra 10 giorni, ad esempio, partiamo per Bad Kleinkirchheim (Austria), dove ho intenzione di sfruttarlo nei sentieri, complici le temperature più miti rispetto a qui in collina.  

In definitiva, in estate e in inverno, io voto per il passeggino. In primavera e autunno per il marsupio, perlopiù quando voglio fare percorsi in cui le quattro ruote non vanno avanti, o commissioni che mi richiedano l’uso delle mani. Ragiono insomma in base a quello che ritengo il maggior comfort per il mio bimbo, prima ancora che per il mio. “Droghe" permettendo. ;-)  

Piccola reporter diventa... Piccola (mamma) reporter

Io al computer nella sua stanza, lui che dorme nella mia, in mezzo al lettone, in una delle più afose giornate di questa torrida estate 2015. Lui è Ettore Aiace, mio figlio, nato due mesi fa con un parto molto difficile, seguito da un allattamento al seno piuttosto doloroso, almeno per i primi due mesi. Ma tant’è: ora sono mamma e fino a un anno fa non c’avrebbe scommesso nessuno, io per prima. 
Allora ero in Puglia, appena rientrata dall’Irlanda. Il 2014 infatti è stato un anno di viaggi, assieme al mio futuro marito (ma anche no, come nel Sahara), preceduto dal sensazionale viaggio in Argentina del novembre 2013. E' stato anche l'anno in cui abbiam deciso di sposarci, un progetto nell’aria da almeno un paio d’anni, cui però non c’eravamo mai applicati seriamente, presi sempre da cose più urgenti. 
E fu proprio il giorno in cui andammo a fissare la villa per il rito e il ricevimento, che scoprii di essere incinta. Era il 27 settembre, un sabato mattina. E quattro mesi dopo, il 24 gennaio, a 38 anni e al sesto mese di gravidanza, mi sposavo.

Questa la cronaca di quanto successo nell'ultimo anno, da quando cioè il blog è rimasto in stand by. Nato per descrivere per lo più viaggi, da adesso diventa il blog di una mamma, giornalista e con la passione per i viaggi e le scoperte in genere, piccole o grandi, da condividere d'ora in poi anche con il suo cucciolo, la scoperta più grande che esista.

sabato 23 agosto 2014

MATERA, il magnetismo di una città antica aggrappata a un burrone

Da "vergogna nazionale" a patrimonio Unesco, i Sassi colpiscono il visitatore per la singolare bellezza

di Jenny Bassa

Può una città definirsi magnetica? Dopo aver visitato Matera, direi di sì. Addirittura io potrei dire di esserne stregata: il desiderio di andarci era talmente forte che una notte me la sognai pure (un sogno tormentato, a dire il vero) e appena me la sono lasciata alle spalle, una decina di giorni fa, ho sentito - e sento tuttora - la necessità di tornarci il prima possibile, nonostante i 900 chilometri di distanza. 

Matera, tuttavia, con i suoi antichi rioni, il Sasso Barisano e il Sasso Caveoso, non può essere definita bella nel senso classico del termine. Non è sontuosa come Vicenza o Lecce, né pittoresca come Siena o Amalfi. Matera è di quella bellezza un po' sghemba, di quel fascino sinistro quasi, che la fa somigliare ad una bella ragazza con un accentuato strabismo di Venere. Una bellezza imperfetta, quindi, ma non comune, che lascia il segno. 

Sono sensazioni, del resto, che riflettono la paradossale storia della "città sotterranea" della Lucania. Da "vergogna nazionale" nel secondo dopoguerra italiano, Matera è infatti passata, nel 1993, all'iscrizione nella lista del patrimonio mondiale Unesco (primo sito dell'Italia meridionale). Dalle abitazioni trogloditiche, in cui le famiglie, a metà del secolo scorso, dividevano gli spazi con muli e pecore, la città è ora candidata al titolo di capitale europea della cultura per il 2019.
In poco più di 60 anni, quindi, la città dei Sassi ha prima toccato il fondo di una storia ultramillenaria e poi ha via via risalito la china, ha compreso il proprio altissimo potenziale e si sta ora riscattando in chiave turistico-culturale.

Il mio primo impatto con la città vecchia è stato folgorante. Dopo aver attraversato in auto la parte più moderna di Matera, su un pianoro, ho raggiunto a piedi piazza Vittorio Veneto, dove, quasi per caso, mi sono affacciata al belvedere. Da non credere. Senza soluzione di continuità, complice il dirupo che rivestono, hanno invaso il mio campo visivo porzioni di case (il resto è scavato nella pietra), comignoli, tetti, finestre, porte, scalinate. Come scrisse Carlo Levi a proposito dei Sassi in "Cristo si è fermato a Eboli", nei primi anni Quaranta del secolo scorso, "… in quello stretto spazio fra le facciate e il declivio passano le strade, e sono insieme pavimenti per chi esce dalle abitazioni di sopra e tetti per quelle di sotto". O come riportavano già nel 1500 le cronache a proposito dei contadini, che all'imbrunire usavano accendere dei lumi fuori dalle abitazioni, cosicché a chi guardava i Sassi dall'alto, pareva di vedere un cielo stellato sotto ai propri piedi.

mercoledì 6 agosto 2014

IRLANDA, lungo la Wild Atlantic Way nord-occidentale

Alla scoperta di un angolo poco conosciuto dell'isola di smeraldo, dalle spiagge dei surfisti alle imponenti scogliere di Slieve League e di Achill Island, attraverso curiosi rilievi con "capezzoli" e a forma di incudine 

di Jenny Bassa

Contea Donegal
C'è una parte d'Irlanda per fortuna ancora snobbata dal turismo di massa, che ho avuto la fortuna di visitare nei giorni scorsi. Io stessa probabilmente non ci sarei mai stata, se lì non vi abitassero da poco più di un anno due cugini, di cui uno si è pure sposato di recente con una ragazza del posto.
Mi riferisco alla costa nord-occidentale dell'isola, a cavallo tra le contee di Mayo, Sligo e Donegal.
In Irlanda c'ero già stata sette anni fa, e guarda caso nella stessa costa atlantica, ma a sud: a bordo di un pulmino Wolkswagen, assieme al mio compagno e ad altri sei amici, battei a tappeto il Ring of Kerry, la penisola di Dingle, il Burren e il Connemara, arrivando così subito sotto al punto più a sud visitato in questo secondo viaggio.
E se allora l'Irlanda mi parve meravigliosamente dolce e accogliente nel paesaggio, stavolta l'isola mi ha svelato una faccia molto selvaggia, aspra e drammatica. Complici senz'altro anche le differenti condizioni meteo trovate: nel 2007, cinque giorni di fine aprile di eccezionale bel tempo; quest'anno cinque giorni a cavallo tra luglio e agosto di tempo variabile tendente al brutto, cioè il classico tempo irlandese. Solo che in Irlanda, quando si passa alla modalità "sunny", par di assistere all'accensione delle luci in un presepio, da quanto i colori di colpo passino da un indistinto e monotono grigiore a verdi così brillanti da sfiorare la fosforescenza (di qui la felice definizione di "isola smeralda"). Ad ogni modo, grazie ad ampie schiarite al momento giusto e grazie ad un'auto noleggiata all'aeroporto di Knock, sono riuscita anche stavolta a raggiungere e a godere alcune incantevoli mete naturalistiche a nord e a sud di Sligo, lungo la Ireland's Wild Atlantic Way (video promozionale).

martedì 29 luglio 2014

Maltempo a Caltrano: immagini e video (29 luglio 2014)

di Jenny Bassa

Foto e video da Caltrano (Vicenza), dove stamattina, lungo una via residenziale, si è riversato un fiume di acqua, fango e sassi, dopo una notte intera di pioggia abbondante.

Link al video (YouTube)


via Braglio

via san Lorenzo